Troppe info, tutte insieme, troppo poco tempo
Della mia condizione di informato-disinformato perenne che è anche tara dei tempi che corrono
Car* lettor*. È proprio il caso di dirlo, ultimamente scrivo una NL ogni morte di papa. Mi manca scrivere ma al tempo stesso non so cosa e come scrivere, non so di cosa scrivere, soprattutto, non ho voglia di scrivere cose per cui non vale la pena prendersi molto tempo per scriverle. Questa NL quindi andrà controcorrente rispetto a questa mia convinzione che probabilmente è solo una scusa, parlerà di tutto e di niente, di me, del mondo, di me nel mondo. In fondo, anche questa è una prospettiva e poi la vita è quella cosa che non aspetta. Un attimo sei cenere che fa fumata bianca e l‘attimo dopo sei di nuovo polvere e altra cenere farà fumata bianca.
Barbalbero docet: « non non diciamo mai niente se non vale la pena di prendere molto tempo per dirla »
Iniziamo con le ragioni che mi hanno spinto a non scrivere che sono molteplici ma divisibili essenzialmente in due correnti principali: esogene e indogene.
Indogene: il continuo flusso della vita, gli impegni di ogni giorno e gli straordinari, le novità di questo periodo, i miei trent‘anni. Insomma, l‘unlimited struggle che non è solo il nome di una crew che solo i vecchi malinconici della golden age dell‘italian hip hop ricorderanno ma proprio una condizione di vita.
Dall‘altro, i fattori esogeni. Nel 2025 abbiamo conosciuto un nuovo termine che da voce a un fenomeno sociale ormai diffusissimo: la sovrainformazione. Troppe notizie, tutte troppo fondamentali, che si susseguono a stretto giro, una dopo l‘altra. Tutte troppo allettanti, troppo succose per non essere raccontate, approfondite, sviscerate. Eppure non faccio in tempo a pensare „ei questa si che spacca“ che già ne arriva un’altra ancora più interessante e impattante. Questo fenomeno sociale in realtà non è la prima volta che si presenta, ma c’è da dire che l’amministrazione Trump lo sta sfruttando alla grande perché conosce bene la sua controparte psicologica: il sovraccarico cognitivo (information overload se preferite gli inglesisimi). Troppe info, troppe notizie, tutte insieme e una dietro l‘altra, causano incapacità di focalizzare l’attenzione, di ordinare priorità e importanza e, conseguentemente, rendono impossibile prendere una decisione (o prendere una posizione nel caso di una policy).
Lo dice bene Limes da tempo, Caoslandia è una terra dove i più forti sanno sfruttare la loro forza senza esporsi troppo (ovvero senza far vedere quanto in realtà sono deboli). Lo sanno benissimo i maranza milanesi, perché rischiare di farsi sgamare se si può buttare in giro spray al peperoncino, causare il panico e nella calca sfilare i telefonini da tasche e borse o raccogliere i portafogli caduti a terra. Lo riassumeva egregiamente Tony Curtis in operazione sottoveste: « nel torbido si pesca meglio ». Lo mette in pratica alla perfezione Steve Bannon, che lo inserisce egregiamente nella strategia, non solo comunicativa, della Casa Bianca: flood the zone. Non una, non due, almeno tre notizie shock al giorno: invaderemo la Groenlandia, alziamo i dazi, tagliamo i fondi alle università liberal, bombardiamo lo Yemen, facciamo la pace in Ucraina, anzi no, rimpatriamo i migranti irregolari e gli attivisti propalestina, blocchiamo i dazi ma non per la Cina, riprendiamoci Panama.

Tralaltro la sovraesposizione alle informazioni va di pari passo con la disinformazione e ne è anzi la sua forma estrema. La disinformazione è sempre stata presente ma si è diffusa a macchia d’olio e potenziata con l‘avanzamento tecnologico. L‘assurgere delle piattaforme online di informazione con il loro strumento più infido: il titolo clickbait, L‘overinformazione è solo lo step successivo: il titolo / contenuto fasullo solo per avere visualizzazioni e fatturare sulla pubblicità puntava sulla „bassa“ qualità. Ora, grazie all‘intelligenza artificiale, possiamo puntare all‘elevata quantità. Fateci caso la prossima volta che leggete un articolo online: sempre più spesso la firma del giornalista è sostituita dal disclaimer „questo articolo è stato scritto con (l‘aiuto della) AI“. Non è solo questione di informazioni, ma proprio di contenuti in senso generale. Le piattaforme stanno appositamente spingendo meme, video e profili prodotti e gestiti dall‘AI. L‘Italian brainrot meme wave deve tanto alla sua comicità demenziale e a un linguaggio vagamente riconoscibile in tutto il mondo quanto all‘algoritmo di Meta e Tiktok. Le motivazioni sono multiple ma essenzialmente monetarie: aumentare l‘ingaggio, monetizzando la polarizzazione che deriva da contenuti estremi, diminuire i dividendi da pagare a influencer (on bot costa meno di un umano), giusto per citarne un paio. Fatevi un giro nella newsletter di Etymology Nerd che ha approfondito per bene il tema.
Per fortuna, e nonostante il McLuhanistico avvertimento „il medium è il messaggio“, l’AI è uno strumento come lo è internet, e dietro ogni contenuto generato dall‘AI c‘è ancora una persona con un promt. Come ogni strumento è quindi ancora l‘uomo che può decidere che uso farne. Se inizialmente la diffusione dell‘informazione nel web ha portato al proliferare delle fake news, ora è anche possibile avere moltissime piattaforme indipendenti, o prodotti di qualità fatti da persone e redazioni di qualità. Lo so che anche voi - come me e come ormai tutti - amate i podcast e ce ne sono ormai tantissimi molto interessanti di approfondimento. La strategia che mi è stata consigliata per combattere l‘overinformazione è scegliere bene le proprie fonti, poche ma buone, come si dice. Aggiungo io: non solo fonti di roba che ci piace, è importante uscire dalla zona di confort e ascoltare anche l‘altra campana. Il rischio è di cadere nella bolla informativa che tanto ci sta facendo male.
Cos`è la bolla informativa? Un grande male le cui conseguenze si possono vedere nell‘america di oggi dove la crescente frammentazione sociale è direttamente riconducibile all’autoisolamento dei cittadini in bolle di pensiero omogenee. Questo processo prende avvio da un meccanismo psicologico noto come bias di conferma (preferisco ascoltare chi la pensa come me) ed è rafforzato dagli algoritmi digitali che alimentano una dieta informativa monoorientata. La conseguenza è che le persone tendono a circondarsi solo di chi condivide i loro stessi valori, a frequentare gli stessi luoghi e a consumare gli stessi contenuti, dando vita a dinamiche autosegregative. Così facendo, la possibilità di confrontarsi con prospettive diverse si riduce drasticamente, erodendo il tessuto comune del dibattito pubblico.
Il risultato di questa evoluzione è una crisi profonda dei valori condivisi: sebbene le due americhe dichiarino di aderire agli stessi principi – libertà individuale, opportunità, progresso – esse ne forniscono definizioni divergenti, spesso inconciliabili. Si combatte non per ideali opposti, ma per l’egemonia del significato stesso di quegli ideali. In assenza di uno spazio collettivo di confronto e mediazione, la società scivola verso una discordia strutturale che mina la coesione nazionale e indebolisce le fondamenta della convivenza democratica. Lo stesso fenomeno lo ritroviamo in tutto l‘occidente, (e ne ho anche parlato qui dove sostengo che la guerra in ucraina è una guerra interna al sistema di valori occidentale).
Insomma, il futuro non è roseo, il modo più facile per contrastare questa deriva è continuare a parlare, condividere, andare tra la gente con la gente, soprattutto, parlare con chi non ci piace. Con apertura, empatia e umiltà. Apertura perché l‘altro ha anche cose interessanti da dire, empatia perché l‘altro soffre tanto quanto noi in questo sistema, umiltà perché dobbiamo soprattutto evitare di credere che noi siamo gli unici ad avere la verità in tasca e che tutti gli altri hanno torto. A tal proposito faccio veloce riferimento a un altro concetto che ho ri-scoperto recentemente: il Monte Stupido. Ne ha parlato recentemente Mattia Marangon nella sua newsletter e lascio a lui la spiegazione.
Qui dico solo che la mia paura del Monte Stupido è un altro motivo del perché non stavo più scrivendo, troppo poco tempo per parlare di qualcosa, per fare ricerca, troppo alto il rischio di dire qualcosa dalla cima del Monte Stupido. La NL di oggi quindi sta gridando parole al vento dal monte stupido e chiedo a voi di prendere un concetto a caso da queste parole perché non abbiamo tempo per approfondire tutto ma almeno qualcosa si. Troppe info, tutte insieme, troppo poco tempo.
Un altra cosa di cui vorrei parlare è Papa Francesco. Ne voglio parlare perché sul finire della grigliata di pasquetta si stava aprendo un bel discorso con un‘amico sul ruolo di Bergoglio, dello Stato Vaticano, politica e religione e altre cose. Ma ne parlerò in un’altra sede (conto di farlo a brevissimo).
Poi adesso scrivo ed è anche il giorno della Liberazione quindi per chi non l‘ha visto e in risposta alla ghiblification consiglio Porco Rosso dello studio ghibli perché hai i disegni dello studio ghibli ma con le luci e i colori del mediterraneo e un aviatore che preferisce essere maiale piuttosto che fascista ed è una cosa preziosa. By the way la Germania si sta riarmando e in giro è pieno di meme con in sottofondo una canzoncina popolare tedesca che parla di un fiore. Poi adesso che scrivo è anche passato da poco il Primo Maggio e un tizio ha pompato bella ciao dal balcone sopra un corteo neofa e ci sta. Tralaltro, forse la terza guerra mondiale scoppia per via delle tensioni tra India e Pakistan. Poi adesso che scrivo online sta anche spopolando il dilemma con cui vi lascio: chi vincerebbe tra un gorilla e 100 uomini?